Sei cose da sapere assolutamente prima di iniziare a coltivare cannabis autofiorente

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Sono numerose le persone che, ogni giorno, decidono di iniziare a coltivare cannabis per hobby. Se si parte da zero, può essere difficile orientarsi tra le numerose tipologie di semi. La voglia di minimizzare gli sforzi e di massimizzare i risultati porta numerosi breeder neofiti a scegliere di comprare semi autofiorenti. Questi ultimi hanno conosciuto una grande popolarità negli ultimi tempi proprio sulla scia dell’aumento del bacino di utenza dedita alla coltivazione di cannabis.

La necessità di gestire i raccolti in piccoli spazi domestici fa la differenza per quanto riguarda l’acquisto di semi autofiorenti piuttosto che di altre tipologie (vedremo poi perché nelle prossime righe).

Nel momento in cui si decide di iniziare a coltivare cannabis autofiorente, è necessario essere consapevoli di alcuni aspetti caratteristici dei semi. Nelle prossime righe, ne abbiamo selezionati sei.

Derivano tutti da una stessa varietà

La famiglia della cannabis autofiorente ha un unico progenitore. Si tratta della cannabis ruderalis. Questa varietà, originaria della Siberia, ha sviluppato caratteristiche non fotoperiodiche per un motivo soprattutto: la necessità di resistere in un contesto caratterizzato da estati molto brevi e da un’esposizione alla luce diurna particolarmente lunga (dalle 22 alle 24 ore).

Affascinati dai rapidi tempi di crescita della ruderalis, diversi breeder attivi nei gloriosi anni ‘70, un periodo di sperimentazione a dir poco fervido per la cannabis in generale, lavorarono su ibridi che inizialmente riscossero poco successo.

Con l’inizio del terzo millennio, dopo alcuni fallimenti commerciali, fu possibile parlare dell’avvio dell’epopea della cannabis autofiorente.

Meglio non rinvasarli

I semi di cannabis autofiorente, una volta piantati, andrebbero lasciati nello stesso vaso. Le piantine che da loro derivano, infatti, se vengono rinvasate tendono, a differenza di quelle fotoperiodiche, a subire uno stress non indifferente.

La resistenza contro i parassiti

Uno dei motivi per cui la cannabis autofiorente è stata investita, soprattutto negli ultimi 6/7 anni, da un successo commerciale clamoroso è legato al fatto che, una volta che i semi si sono trasformati in piante, queste ultime tendono a essere mediamente più resistenti ai parassiti rispetto a quelle fotoperiodiche.

Il vantaggio dell’altezza

Perché, come già accennato, la cannabis autofiorente si presta molto bene alla coltivazione in contesti come i piccoli appartamenti urbani? Il motivo è molto semplice: in virtù della sua rapidissima crescita, questa tipologia di cannabis tende, una volta iniziata la fase di proliferazione, a palesare delle piante non altissime.

Questo è un gran vantaggio sia per chi ha poco spazio in balcone – cosa comunissima soprattutto nelle grandi città – sia per chi, in generale, decide di coltivare mantenendo il massimo della discrezione.

Il terreno deve essere il più possibile leggero

Ogni volta che si coltiva cannabis – ma anche qualsiasi altra pianta – è naturale farsi domande sulle caratteristiche del terreno. Nel caso delle autofiorenti, dovrebbe essere il più leggero possibile. L’ideale è che abbia poche sostanze nutritive, quelle giuste. Esistono diverse miscele a cui fare riferimento. Una delle più apprezzate è quella che vede in primo piano il mix, equamente ripartito in due parti uguali, fra torba e fibra di cocco.

C’è chi consiglia di aggiungere anche un po’ di perlite con lo scopo di ottimizzare il drenaggio.

Non è vero che la cannabis autofiorente è meno potente rispetto a quello fotoperiodica

Quando si comincia a coltivare cannabis autofiorente da zero, può capitare di sentir chiamare in causa quella che, a tutti gli effetti, è una falsa diceria. Di cosa si tratta di preciso? Della nomea che vede le piante autofiorenti come meno potenti rispetto a quelle fotoperiodiche. Questo poteva essere in parte vero con i primissimi esemplari immessi in commercio – p.e. la varietà Lowryder – ma le cose oggi sono molto cambiate e il profilo terpenico delle piante non ha nulla da invidiare a quello delle fotoperiodiche.